Come la Brexit ha modificato il nostro doing business in UK: breve analisi del TCA

Il 2021 è iniziato con una grande novità annunciata ed ufficializzata negli ultimi giorni del 2020: è entrato in vigore l’accordo di libero scambio (Trade and Cooperation Agreement o TCA) tra Regno unito e l’Unione europea; in altre parole, vedremo insieme come il doing business tra le due coste della Manica abbia cambiato modalità e dinamiche.

Tuttavia, prima di entrare nei dettagli di cosa è mutato e di come cambieranno le nostre attività, è utile dare una definizione di accordo di libero scambio.

In particolare, secondo il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o TFUE (articoli 216 e 217), l‘accordo di libero scambio (in inglese Free Trade Agreement) prevede che l’Unione europea possa concludere con uno o più Paesi terzi (e cioè al di fuori dei 27 Stati membri dell’UE) od organizzazioni internazionali (come, per esempio, il MERCOSUR) accordi di associazione caratterizzati da diritti ed obblighi reciproci, da azioni comuni e da procedure particolari.

L’origine preferenziale nel TCA

Una volta chiarito questo, è importante sottolineare come l’origine preferenziale, prevista dall’articolo 64 del regolamento UE 952/2013 del 9 ottobre 2013, preveda che tu non debba pagare dazio o che, al massimo, tu debba pagarne uno ridotto se il tuo prodotto:

  • È elencato nell’accordo firmato con il Paese da cui importi o verso cui esporti;
  • rispetta le regole di produzione, di trasporto e di prova dell’origine.

In altri termini, l’istituto dell’origine preferenziale può essere definito come lo status, non necessario e quindi eventuale, di un bene. Il suo scopo è attestarne l’osservanza alle regole di produzione e a quelle di trasporto previste all’interno di un accordo di libero scambio.

Inoltre, questo status vale solo tra operatori economici dei Paesi firmatari dell’accordo e deve essere dimostrato.

Da queste due considerazioni, possiamo già trarre una prima conseguenza: se hai un flusso verso un Paese terzo con cui l’UE non ha un accordo di libero scambio non potrai invocare l’istituto dell’origine preferenziale.

Per questo motivo, in fase di importazione dovrai pagare il dazio pieno (salvo che non intervengano misure doganali di natura diversa), mentre in fase di esportazione in tuo partner dovrà pagare il dazio con aliquota piena. 

Era questo il rischio che correvamo quando, durante le negoziazioni con Boris Johnson, si paventava lo scenario del cosiddetto no deal. Dazio pieno e formalità doganali per un Paese che prima faceva parte del territorio doganale europeo, il quale rappresenta un’unione doganale perfetta.

E che cosa significa?

Che nel territorio dell’Unione europea:

a) Una volta sdoganata la merce in un Paese membro, questa può circolare tra gli altri Stati membri senza alcuna formalità o tassa;

b) gli accordi di libero scambio e le misure di politica commerciale si applicano a tutti gli Stati membri e sono negoziati e stabiliti dalle istituzioni dell’Unione europea.

Partendo da tali chiarimenti, possiamo entrare nel vivo del TCA e comprendere le azioni da intraprendere per massimizzare il guadagno e conservare competitività nei nostri flussi commerciali con il Regno unito.

TCA: Le sfide per le aziende

In primo luogo possiamo affermare che tale accordo deve essere annoverato tra quelli di “nuova generazione”. Vuol dire che non riguarda solo lo scambio di merci ma è finalizzato a un più ampio grado di liberalizzazione degli scambi. Per fare qualche esempio, è compresa una estesa liberalizzazione dei servizi, degli investimenti e degli appalti pubblici nonché disposizioni più rigorose in materia di diritti di proprietà intellettuale.

Tale accordo, infatti, comprende la regolamentazione di commercio, trasporti, pesca e di altri trattati di diversa natura, investimenti, appalti pubblici, energia, proprietà intellettuale e sicurezza sociale. 

Inoltre, regola il mutuo riconoscimento dell’autorizzazione dell’AEO (Authorized Economic Operator) ovvero dell‘operatore economico autorizzato, il quale gioca a livello internazionale un ruolo determinante nella reputazione commerciale di un operatore economico.

I beni a cui si applica il TCA

Per quanto concerne l’ambito commerciale,  il TCA si applica ad una vasta gamma di beni indicati nell’allegato “ORIG-2: regole di origine specifiche per prodotto” del quale, a titolo esemplificativo, si riportano alcune categorie:

  • Animali vivi e prodotti di origine animale;
  • prodotti vegetali;
  • grassi e oli animali o vegetali, prodotti della loro scissione, grassi alimentari lavorati, cere di origine animale o vegetale, prodotti delle industrie alimentari, bevande, liquidi alcolici e aceti, tabacchi e succedanei del tabacco lavorati;
  • prodotti minerali;
  • prodotti delle industrie chimiche o delle industrie connesse;
  • materie plastiche e lavori di tali materie, gomma e lavori di gomma;
  • pelli, cuoio, pelli da pellicceria e lavori di queste materie, oggetti di selleria e finimenti, oggetti da viaggio, borse, borsette e simili contenitori, lavori di budella;
  • legno, carbone di legna e lavori di legno sughero, lavori di intreccio da panieraio o stuoiaio;
  • paste di legno o di altre materie fibrose cellulosiche, carta, cartone da riciclare;
  • materie tessili e loro manufatti;
  • calzature, cappelli, copricapo, ombrelli, bastoni, piume preparati e oggetti di piume, fiori artificiali;
  • lavori di pietre, gesso, cemento, amianto, mica, ceramica, vetro e lavori di vetro; perle, metalli, metalli preziosi, metalli placcati o ricoperti di metalli preziosi, minuterie di bigiotteria;
  • macchine ed apparecchi, materiale elettrico e loro parti, apparecchi di registrazione o di riproduzione del suono, apparecchi di registrazione o riproduzione delle immagini e del suono in televisione;
  • ed altri ancora.

In altre parole,  nelle diverse pagine di quest’allegato si trovano tanti esempi del meglio del Made in Italy e della tradizione industriale europea.

Etichetta Made in Italy: origine preferenziale e regole di origine negli accordi di libero scambio.

Regole d’origine: come dimostrare che il tuo prodotto è originario dell’Unione europea o del Regno unito

Ma entriamo più nello specifico, poiché l’allegato in esame non si limita a esporre un mero elenco dei beni oggetto dell’origine preferenziale e quindi dei vantaggi daziari. Infatti, ma ci spiega anche come fare perché il nostro prodotto possa essere considerato originario dell’Unione europea, oppure del Regno unito.

In primo luogo bisogna sapere che viene associata una regola d’origine ad ogni voce doganale. E questa costituisce il codice numerico con cui la World Customs Organization indica a livello interazionale un bene. A sua volta, questa regola d’origine ci indica come dobbiamo produrre il bene affinché si possa chiedere l’origine preferenziale.

In particolare, potremmo trovare queste regole d’origine da sole o in associazione tra di loro. Vediamole:

  • CC” il cambio del capitolo (modifica delle prime due cifre della voce doganale rispetto a quelle delle voci dei componenti adoperati per la produzione);
  • CTHcambio della voce tariffaria (cambio delle prime quattro cifre rispetto a quelle delle voci dei componenti adoperati per la produzione);
  • CTSHcambio della sottovoce (modifica delle prime sei cifre della voce rispetto a quelle delle voci dei componenti adoperati per la produzione);
  • fabbricazione a partire da materiali di qualsiasi voce;
  • limiti di valore o di peso per i materiali non originari (ad esempio, per produrre un bene,  bisogna impiegare almeno una percentuale del suo valore ex works costituita da beni originari dell’UE o del Regno Unito);
  • regole che riguardano lavorazioni o trasformazioni più complesse e specifiche;
  • combinazioni di più regole.

Inoltre, per spirito di chiarezza, vale la pena domandarsi come un operatore possa definire “originario” un componente. La risposta è fornita dal regolamento di esecuzione dell’Unione europea 2447/2015 del 24 novembre 2015 il quale ci indica l’uso della dichiarazione d’origine da richiedere ai nostri fornitori.

Una volta che siamo sicuri del rispetto della regola d’origine per la produzione del nostro bene dobbiamo dimostrare tale status seguendo le formalità indicate dal TCA, il quale, nel secondo comma del proprio articolo ORIG.18 – Richiesta di trattamento tariffario preferenziale, afferma che “…una richiesta di trattamento tariffario preferenziale è basata sui seguenti elementi: (a) un’attestazione di origine rilasciata dall’esportatore in cui il prodotto è dichiarato originario; o  (b) la conoscenza del carattere originario del prodotto da parte dell’importatore…”.

Attestazione di origine

L’attestazione d’origine consiste in una dichiarazione redatta secondo il modello previsto dall’allegato ORIG-4 del suddetto accordo di libero scambio che prevede il seguente testo:

“…L’esportatore dei prodotti contemplati nel presente documento (n. di riferimento dell’esportatore … ) dichiara che, eccetto nei casi chiaramente indicati, tali prodotti sono di …  origine preferenziale…”. 

Per “riferimento dell’esportatore” si deve intendere il codice REX (registered exporter) per gli operatori economici e l’EORI per quelli britannici. Invece, l’origine può essere britannica o europea poiché l’accordo è bilaterale e vale solo tra i Paesi firmatari.

Infine, bisogna considerare che la durata di tale attestazione non può superare i ventiquattro mesi.

Conoscenza dell’importatore

Il secondo modo per attestare l’origine è la conoscenza dell’importatore, secondo cui l’operatore economico dichiara in dogana lo status di origine preferenziale sulla base di informazioni fornitegli dal proprio partner dall’altra parte della Manica. 

Infatti, secondo l’articolo ORIG.21 – Conoscenza da parte dell’importatore del TCA:

“…1. Ai fini di una richiesta di trattamento tariffario preferenziale presentata a norma dell’articolo ORIG.18 ([Richiesta di trattamento tariffario preferenziale], paragrafo 2, lettera b), la conoscenza da parte dell’importatore che un prodotto è originario della parte esportatrice è basata su informazioni che dimostrano che il prodotto è originario e conforme alle prescrizioni di cui al presente capo…”

Ed anche:

“…Prima della richiesta di trattamento preferenziale, qualora un importatore non sia in grado di ottenere le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo perché l’esportatore ritiene che si tratti di informazioni riservate o per qualsiasi altro motivo, l’esportatore può fornire un’attestazione di origine in modo che l’importatore possa richiedere il trattamento tariffario preferenziale sulla base dell’articolo ORIG.18 …”.

In particolare, quanto indicato dal primo comma del suddetto articolo trova conferma nell’obbligo di conservare le registrazioni, le quali dimostrano che il prodotto rispetta le regole d’origine preferenziale previsto nel primo comma dell’articolo 22 del TCA per cui:

“…   1. Per un minimo di tre anni a decorrere dalla data di importazione del prodotto, un importatore che presenti una richiesta di trattamento tariffario preferenziale per un prodotto importato nella parte importatrice conserva:… tutte le registrazioni che dimostrano che il prodotto è conforme alle prescrizioni per l’acquisizione del carattere originario…”.

Infine, vale la pena ricordare che i beni, per conservare il loro status di prodotti originari, devono essere trasportati direttamente o, se vengono stoccati o passano per Paesi terzi, devono avere un certificato di non manipolazione.

In sintesi, come abbiamo visto, tramite il TCA tra UE e Regno unito, gli esportatori hanno dunque l’opportunità di ottenere vantaggi sui dazi dimostrando l’origine preferenziale dei propri prodotti.

Di conseguenza, il commercio in UK si dimostra ancora un fattore importante nell’organizzazione di una strategia di crescita, soprattutto se affiancato a delle garanzie sul credito.


Alessio Elia è un trade compliance manager con significativa esperienza nei settori delle accise e del commercio internazionale. 

Dopo la laurea in giurisprudenza ottenuta nel 2002 e l’abilitazione all’esercizio della professione forense, ha conseguito un master in giurista d’impresa presso l’Università degli studi di Genova (2007) e un LLM in legal e trade compliance presso l’Università di Friburgo. 

Negli anni ha poi accumulato numerose esperienze in azienda, società di consulenza e studi legali come specialista in ambito accise e commercio internazionale. In particolare, ha collaborato con diverse imprese in settori che spaziano dagli idrocarburi, biocarburanti, energia elettrica, gas ai comparti meccanico ed alimentare.