Export agroalimentare: dati 2020 e previsioni per il futuro

L’industria agroalimentare italiana è al secondo posto nel nostro Paese (dietro quella metalmeccanica) e contribuisce per l’8% alla formazione del PIL, oltre ad affermarsi come la portavoce del Made in Italy, distribuito su scala mondiale.

Circa l’80% dell’export proveniente dal settore agroalimentare italiano ha il profumo dei brand dei prestigiosi marchi del nostro Belpaese. Si tratta di un comparto che vale oltre il 10% delle esportazioni complessive, pari a 433.5 miliardi di euro.

Nonostante le difficoltà di un anno e mezzo di pandemia a causa del Covid19, la buona notizia riguarda il record storico segnato dalle esportazioni agroalimentari italiane nel 2020.

Mentre le esportazioni nazionali totali hanno registrato un crollo del 10.8% nel 2020, l’export della buona tavola ha raggiunto nello stesso anno la soglia di 46.1 miliardi di euro, registrando un +1.9% sul 2019, seppur lontano dal + 7% a fine 2019.

Come segnala la Coldiretti, parallelamente alle difficoltà di questo periodo dovute alle restrizioni degli scambi con l’estero e alla chiusura degli esercizi commerciali legati alla ristorazione, i lockdown hanno anche favorito il ritorno in tutti continenti alla cucina casalinga e alla preparazione di piatti tipici Made in Italy.

Non solo, durante l’emergenza sanitaria Covid, le persone hanno posto l’attenzione, oltreché sull’alimentazione, sul benessere in generale, andando a prediligere sempre più prodotti bio.

Secondo un’indagine Nielsen, in collaborazione con AssoBio, l’esportazione di prodotti biologici nel 2020 ha superato i 2.619 milioni di euro (pari al 6% delle esportazioni agroalimentari totali), con una crescita dell’8% rispetto all’anno precedente.

I Paesi stranieri amanti dei prodotti agroalimentari Made in Italy

I prodotti agroalimentari tipici del Made in Italy sono esportati verso l’Unione Europea per un 55%. In testa la Germania che si distingue come il nostro principale cliente europeo con 7.73 miliardi di vendite e un + 6% vs il 2019, seguita dalla Francia, stabile con 5.08 miliardi, ed infine la Gran Bretagna, che con i suoi 3.6 miliardi ha registrato nel 2020 un +2,8%, dato in calo nei primi mesi del 2021.

Ecco, invece, chi sono i nostri maggiori acquirenti fuori dai confini comunitari:

  • Stati Uniti, al primo posto con 4.9 miliardi (ben il 30% delle esportazioni totali) con un aumento del 5.6 % grazie all’abolizione dei dazi per via dell’entrata in vigore dell’accordo tra Unione europea e Stati Uniti;
  • Giappone, cresciuto nel 2020 dell’8.6%, anche grazie all’entrata in vigore durante l’anno precedente dell’Epa, l’accordo commerciale che ha reso possibile l’esportazione di numerosi prodotti agroalimentari;
  • Svizzera, che ha raggiunto quota 8.5%.

I prodotti maggiormente esportati

Il cambiamento di abitudini delle famiglie durante i vari lockdown e l’avvento dello smart working hanno determinato un aumento senza precedenti dell’esportazione di:

  • Pasta  (+16%);
  • conserve di pomodoro (+17%);
  • ortofrutta (mele, uva da tavola e kiwi)  (+5%);
  • olio di oliva (+5%).

A causa delle chiusure intervenute nel settore della ristorazione, si è registrata naturalmente una contrazione degli acquisti da parte degli addetti per prodotti quali spumanti, vini di alta qualità e formaggi stagionati.

Previsioni per il futuro

Il primo trimestre 2021 ha confermato i segnali positivi con una crescita del 10.6% a marzo su base annua, ottenuto dopo il -4.7 di gennaio e il +0.4% di febbraio. Rispetto al primo trimestre dell’anno precedente, l’aumento registrato è del 2.2%. A dirlo è una ricerca Ismea.

In rialzo anche la vendita di prodotti come i formaggi e i vini in bottiglia.

Nuove opportunità provengono dall’area della Polonia, che rappresenta un mercato con un forte potenziale per l’export italiano, secondo quanto riportato da Ice-Prometeia. Infatti, alla base di questa previsione c’è la crescita del reddito pro-capite disponibile.

Apprezzamenti sempre maggiori ai nostri prodotti agroalimentari provengono anche dalla Turchia.

Un mercato ancora ai minimi è quello della Cina, che detiene la quota di solo un 1% dell’export agroalimentare, sebbene lo scorso trimestre abbia registrato un incremento del 16.3%.  Il gusto dei cinesi si sta tuttavia affinando, di pari passo con la crescita della classe media.

Motivi per cui rimane un mercato a cui puntare anche a fronte dell’apertura della Cina ad un processo di internazionalizzazione.

Sempre Ismea ha, infine, rilevato un aumentato ricorso al credito da parte degli operatori del comparto agroalimentare italiano, soprattutto per far fronte a problemi di liquidità sorti durante la pandemia.

In questo panorama che sembra apparire come uno dei segnali di riscatto dal lungo lockdown, le aziende delle filiere agroalimentari possono approcciare gli scambi commerciali con l’estero con una maggiore serenità dovuta all’adozione di uno strumento che le protegga dal rischio di insolvenza dei debitori esteri.

Si tratta dell’assicurazione dei crediti commerciali esteri che è al servizio di tutte le società già impegnate nell’export e che vogliono entrare in nuovi mercati emergenti.

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Francesca Lucente

Contatti:

Francesca Lucente è Copywriter e creatrice del blog leggiamorevolution.it

Dopo oltre 15 anni di esperienza come commerciale in multinazionali del mondo bancario, petrolifero e dell’assicurazione del credito, ha deciso di impiegare le proprie competenze specializzandosi in Corporate Storytelling scrivendo in chiave SEO, ottimizzando i testi per i motori di ricerca, aiutando professionisti ed aziende a raccontare online il loro brand.

Il suo obiettivo è quello di creare relazioni online tra le aziende ed i loro potenziali clienti affinché diventino proficue collaborazioni anche offline.